Mese: Aprile 2022

Quotidianità

La quotidianità arranca a fatica,
versando sangue da lacere dita,
cancella l'aura sacra dei sogni,
quell'umile pensiero innocente 
che odora di pace. 

Tra le trame di voci imbrigliate 
si distinguono odi suadenti,
son dei poeti i vibranti accenti
che si stagliano in uno stormo
di pensieri diversi, restituendo
fiato a una lugubre vita.

Caterina Alagna

Gentilezza

Su note flautate
distendo il mio sguardo.
Percepisco una morbida carezza
che scioglie cristalli di attese parole,
suoni vellutati che si fondono 
in una densa armonia, colonna sonora
che di rado colora questa rude vita
su cui coppie di amanti imperturbabili
erigono simulacri di impetuosi baci.


Caterina Alagna

Vorrei essere con te

Vorrei essere con te,
farmi carico del tuo tormento
che tuona pulsante come il
tocco di un martello.


Vorrei essere con te,
farmi carico del tuo cuore
trepidante nell'attesa  di parole nuove.
Parole che si dileguano
da questo inferno caotico,
da un incubo sempre sognato 
che come un cane fedele guida i tuoi giorni.
La paura accompagna il tuo cuore
e dietro un sorriso scioglie
in un amaro aroma la tua voce.


Caterina Alagna

Solitarie ombre

Solitarie ombre 
attraversano le strade,
assorbono in silenzio 
le luci dei negozi,
i colori sbiaditi delle case.


Immuni alle parole 
s'immergono nel canto delle allodole
nel soffice cadere delle foglie,
un tenero fruscio che accenna 
la loro fragile voce.


Caterina Alagna

Clemente Rebora

Pur essendo un gigante della letteratura italiana del primo Novecento, Clemente Rebora rientra tra i poeti italiani meno noti ai più. Difficilmente troverete una sua poesia nelle antologie scolastiche. La sua poesia è molto influenzata dalla sua esperienza bellica avvenuta durante la prima guerra mondiale. Esperienza da cui ne uscì profondamente segnato a causa degli orrori che vide in prima persona e che visse sulla sua stessa pelle. Sopravvisse, infatti, a una ferita alla tempia causatagli dallo scoppio di una granata. Questo episodio lo colpì intensamente provocando in lui una profonda crisi psicologica. Si disse che soffriva di nevrosi da trauma. Riuscì a superare questa crisi solo grazie alla fede e alla conversione al cattolicesimo. All’età di 45 anni ricevette la cresima e qualche mese dopo decise di diventare sacerdote.

La poesia di Rebora che ha come tema la guerra è particolarmente cruda, non priva di episodi macabri tesi a sottolineare le atrocità della guerra. Lo scopo è chiaro: suscitare pietà per la povera umanità trucidata dalla ferocia della guerra.

Viatico

O ferito in fondo alla piccola valle,
avrai chiesto aiuto con molta insistenza
se tre compagni di guerra integri
morire per te che quasi più non eri vivo.
Tra melma e sangue
come un albero abbattuto
e il tuo lamento straziante continuava,
senza pietà per noi rimasti in vita
a contorcerci perché non vedevamo l’ora che finisse,
velocizza la tua morte,
tu solo puoi mettere fine a questa sofferenza,
e ti sia di conforto
nelle tue condizioni di demenza ma ancora cosciente
in questo momento di attesa della morte
l’intorpidimento della sensibilità,
ma ora devi attendere quel momento in silenzio –
grazie, fratello.

In questa poesia Rebora assiste a una scena a dir poco raccapricciante. Tre compagni assistono un commilitone gravemente ferito. Il soldato ridotto a un tronco senza gambe invoca aiuto e i suoi compagni, impotenti di fronte a quella scena e spaventati dalla paura di morire,, lo pregano di affrettare la sua morte. Può sembrare crudele ma il messaggio è chiaro: la guerra è così disumana e orribile che persino la morte messa a confronto si mostra come un’esperienza meno crudele.

Voce di vedetta morta

C’è un corpo in poltiglia
con crespe di faccia, affiorante
sul lezzo dell’aria sbranata.
Frode la terra.
Forsennato non piango:
affar di chi può, e del fango.
Però se ritorni
tu uomo, di guerra
a chi ignora non dire;
non dire la cosa, ove l’uomo
e la vita s’intendono ancora.
Ma afferra la donna
una notte, dopo un gorgo di baci,
se tornare potrai;
sòffiale che nulla del mondo
redimerà ciò ch’è perso
di noi, i putrefatti di qui;
stringile il cuore a strozzarla:
e se t’ama, lo capirai nella vita
più tardi, o giammai.

Anche in questa poesia colpiscono le immagini macabre. Un corpo morto ridotto in poltiglia nella mente del poeta ancora emette un lamento. Il suo pensiero si rivolge a chi una volta sopravvissuto in guerra, tornerà a casa. Gli chiede di non parlare di guerra a coloro che non la conoscono e di non lasciarsi prendere dalla disperazione, di non abbandonarsi, incitandolo soprattutto ad aggrapparsi alla vita, a vivere e ad amare intensamente, ma a non dimenticare coloro che sono morti in guerra ( sia dal punto di vista fisico che morale) a cui nessuno potrà mai più ridare indietro la vita.

Un respiro di dolore

Un singulto spezzato sgualcisce
il tuo respiro.
Infrangendosi in tante piccole note, 
si smarrisce in un'orda di suoni
confondendosi in un pianto di labili voci.
Col tempo diventa un soffice urlo 
soffocato da un amaro veleno.
Il dolore guida i tuoi giorni
e una tacita lacrima affoga
in una falsa armonia profumata di rose.

Caterina Alagna

Un granello

Crudi livori germogliano in coro,

scavano solchi, e trepidi brividi

affiorano come picche taglienti

lacerando il fiato di mille parole.

Immagini rotte di liriche note

piovono a iosa nella mia mente.

Da ogni brandello si erge sognante

un fertile seme d’universo,

un solitario granello dimenticato

dal tempo che come d’incanto

diventa poesia.

Caterina Alagna

Un soffio di luce

Su anguste sponde arranca

un impervio pensiero che inatteso

si srotola in mille sfoglie,

in mille veli striati d’amore

che sorgono come primule

con la comparsa del primo sole.

Disciolta la neve, una labile foglia

accoglie un’ape curiosa,

un sorso di vita che a zonzo sorvola

seminando una nuova stagione.

E quel pensiero tremante di freddo

con nuovo ardore ora s’espande.

Un soffio di luce nuovamente s’incarna

in un’anima stracca che di amare

ancor non si stanca.

Caterina Alagna